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sabato 20 ottobre 2018

Recensione FATE IL VOSTRO GIOCO di Antonio Manzini

Buon sabato a tutti! Oggi vi presento il libro di Antonio Manzini Fate il vostro gioco uscito pochi giorni fa e che ho voluto leggere subito per partecipare al mio turno di Questa volta leggo...




Questo mese l'argomento scelto è un libro con copertina blu . Colgo l'occasione anche  per l'obiettivo della Challenge Tutti a Hogwarts con le  3 Ciambelle che mi chiede un libro con uno o più oggetti in copertina. Con il libro su Rocco Schiavone dovrei essere in regola per entrambi i vincoli.


titolo Fate il vostro gioco     autore Antonio Manzini    editore  Sellerio Palermo
data di pubblicazione  11 ottobre 2018       pagine  391

TRAMA -  «Non ci abbiamo capito niente, Deruta. Forza, al lavoro». Due coltellate hanno spento la vita di Romano Favre, un pensionato del casinò di Saint-Vincent, dove lavorava da «ispettore di gioco». Il cadavere è stato ritrovato nella sua abitazione dai pochi vicini di casa dell'elegante palazzina, e serra in mano una fiche, però di un altro casinò. Rocco Schiavone capisce subito che si tratta «di un morto che parla» e cerca di decifrare il suo messaggio. Si inoltra nel mondo della ludopatia, interroga disperati strozzati dai debiti, affaristi e lucratori del vizio, amici e colleghi di quel vedovo mite e ordinato. Individua un traffico che potrebbe spiegare tutto; mentre l'ombra del sospetto sfiora la sua casa e i suoi affetti. Ed è ricostruendo con la sua professionalità la tecnica dell'omicidio, la scena del delitto, che alla fine può incastrare l'autore. Ma il morto è riuscito a farsi capire? Forse non basta scavare nel passato: «Favre ha perso la vita per un fatto che deve ancora accadere». Il successo dei libri di Antonio Manzini deve probabilmente molto al loro andare oltre la semplice connessione narrativa tra una cosa (il delitto) un chi (il colpevole) e un perché (il movente). Con le inchieste del suo ruvido vice-questore, Manzini stringe il sentire del lettore a una vicenda umana complessa e completa. Così i suoi noir sono in senso pieno romanzi, racconto delle peripezie di un personaggio che vale la pena di conoscere, sentieri esistenziali. Sono, messi uno dietro l'altro, la storia di una vita: Rocco Schiavone, un coriaceo malinconico che evolve e cambia nel tempo, mentre lavora, ricorda, prova pietà e rabbia, sistema conti privati e un paio di affari. Sicché, in "Fate il vostro gioco", il vice-questore riconosce apertamente un semifallimento: ha smascherato il criminale ma troppe cose non tornano. Resta un buco nella sua consapevolezza che gli rimorde come una colpa, e deve colmarlo. Lo farà, si ripromette, la prossima volta e, per il lettore, nella prossima avventura.

RECENSIONE - Rocco deve risolvere un omicidio, la vittima è un dipendente del casinò di Saint Vincent e fin da subito il vicequestore capisce che il caso non sarà facile da risolvere. Oltretutto ha la mente occupata da tanti pensieri: il suo legame con Caterina, i suoi amici e l'amicizia con Seba, la nostalgia per  Marina, Italo che si comporta in maniera strana. Insomma, indagare su questo caso impone a Rocco di concentrarsi e di indagare partendo dal casinò e arrivando a scoprire un mondo malato di gioco.Anche il suo rapporto con Gabriele, il ragazzo che gli abita a fianco, prende una piega non prevista per entrambi. Nonostante Schiavone sia sempre tutt'altro che diplomatico e ragionevole riesce a risolvere il caso ufficialmente ma sente che qualche cosa non è chiara, qualcosa non lo convince del tutto. Nel frattempo però leggiamo che lui diventa un po' più morbido, più tenero quasi, verso chi lo circonda. La sua indagine coinvolge molte persone, sospettati cui Rocco studia movimenti e pensieri e si ritrova a dover  "salvare"anche qualcuno che non si aspetta.
Rivedere Marina accanto, per qualche volta, parlarle come se fosse ancora viva, gli concede una piccola tregua da tutte le brutture a cui assiste.

"Lo sai qual è secondo me la vera vacanza? Tornare per un po' di giorni a quando avevi dieci anni: Per una settimana avere la capoccia e il cervello di un ragazzino, quell'energia. Niente pensieri, niente paure, solo giocare e correre e fare cazzate. Ecco, quella è una vacanza, io dico. Torneresti a casa felice perché sono i guai, i pensieri e lo stress che da grande ti spezzano."

Manzini, come sempre nei suoi racconti su Rocco, riesce a portare il lettore lì, sulla scena con Schiavone e i suoi uomini. La descrizione degli stati d'animo, dei luoghi, dei fatti è così realistica che davvero ci si sente parte della storia. Schiavone, sempre ruvido e schietto oltre che un pochino furfante, in questo libro mi sembra cedere alla malinconia e, a mio parere, questo si associa molto bene alla tenerezza (ovviamente mai esplicitamente dichiarata) che lo spinge ad aiutare Gabriele, andando palesemente contro la sua indole solitaria e indipendente. La gente che lo circonda, che ruota intorno a lui, non è mai solo una comparsa ma integra il racconto, ognuno diventa parte del puzzle che compone Rocco e la sua storia, anche arrivando dal passato. E Schiavone ha un passato pesante, un fardello il cui peso torna ogni tanto a farsi sentire e Rocco, consapevole di tutto non lo teme ma lo affronta a modo suo. L'autore riesce, in ogni libro, a non annoiare, a non far calare il piacere di seguire le indagini di Schiavone, a non diventare scontato. non credo sia semplice. Manzini ha una penna magica che dosa bene suspence, colpi di scena, emozioni e ironia... un cocktail spumeggiante e mai noioso per chi apprezza il carattere nei personaggi, la ruvida coerenza,  i modi scorretti ma giusti e, perché no, pure leali che Rocco Schiavone incarna in maniera perfetta. 

"La vita non avverte, Gabrie'. A volte cammina, passeggia, a volte invece corre. A noi ci tocca andare alla stessa velocità".

Se non avete ancora avuto occasione di leggere i libri di Manzini io mi sento di consigliarveli, sono racconti che si bevono in un fiato tanta è la voglia di arrivare al finale e sono proprio scritti bene, da un autore che si cura dei propri lettori ed è attento a non abbassare mai il loro interesse verso le storie di Rocco! 
Vi lascio qui sotto il calendario delle uscite per le recensioni del mese in corso, se vi va di passare a leggere.




giovedì 18 ottobre 2018

Recensione COME FERMARE IL TEMPO di Matt Haig

Ciao! Ritorno veloce a scrivere perchè devo recuperare in fretta il tempo perduto in questo mese e le recensioni hanno scadenze importanti... stavolta vi parlo del Cappello Parlante che mi è capitato per questo turno nella Challenge a cui partecipo. Il libro in questione è Come fermare il tempo di Matt Haig, diventato subito un cult tra chi parla di libri e soprattutto tra chi li legge!


titolo Come fermare il tempo   autore Matt Haig   editore e/o edizioni
data di pubblicazione 29 agosto 2018    pagine 360

TRAMA -   Pensate a un uomo che dimostra quarant’anni, ma che in realtà ne ha più di quattrocento. Un uomo che insegna storia nella Londra dei giorni nostri, ma che in realtà ha già vissuto decine di vite in luoghi e tempi diversi. Tom ha una sindrome rara per cui invecchia molto lentamente. Ciò potrebbe sembrare una fortuna… ma è una maledizione. Cosa succederebbe infatti se le persone che amate invecchiassero normalmente mentre voi rimanete sempre gli stessi? Sareste costretti a perdere i vostri affetti, a nascondervi e cambiare continuamente identità per cercare il vostro posto nel mondo e sfuggire ai pericoli che la vostra condizione comporta. Così Tom, portandosi dietro questo oscuro segreto, attraversa i secoli dall’Inghilterra elisabettiana alla Parigi dell’età del jazz, da New York ai mari del Sud, vivendo tante vite ma sognandone una normale. Oggi Tom ha una buona copertura: insegna ai ragazzi di una scuola, raccontando di guerre e cacce alle streghe e fingendo di non averle vissute in prima persona. Tom deve a ogni costo difendere l’equilibrio che si è faticosamente costruito. E sa che c’è una cosa che non deve assolutamente fare: innamorarsi.

RECENSIONE -  Parlare del libro Come fermare il tempo non è semplice, difficilmente riuscirò a far comprendere l'emozione che mi ha accompagnato durante tutta la lettura. La storia di Tom, attualmente insegnate di storia a Londra ma con un sacco di vite già passate da raccontare e rivivere coi ricordi, è di quelle che ti fanno sentire sulle montagne russe. Lui dimostra una giovinezza che in realtà è causata da una stranissima sindrome: non invecchia, sembra un quarantenne maha ben quattrocentotrentasei anni! E' cosciente di far parte di una ristrettissima cerchia di persone che devono rimanere nell'anonimato e non dare nell'occhio così non rimane mai per molto tempo nello stesso posto. Vaga alla ricerca di una stabilità che per quelli come lui è impossibile ottenere, il mondo non capirebbe la loro condizione e, quindi,  per non soffrire evita di affezionarsi a chiunque e soprattutto di innamorarsi ma senza valutere le conseguenze gli succede: incontra Rose che vende frutta al mercato di Fairfield Road nel 1599 ed è amore. Un amore che, nonostante le vicissitudini dura secoli, Tom la porta per sempre nel cuore e altrettanto amore lo lega alla figlia Marion che presenta  gli stessi geni del padre ed è quindi costretta ad una vita in fuga. Tom, nel suo vagare si ripromette di cercarla. Nel corso dela sua vita incontra gente come Shakespeare, Francis Scott Fitzgerarld e Charlie Chaplin; supera indenne pestilenze e guerre per arrivare ai giorni nostri dove usa  tecnologie come Internet e smartphone e prende aerei al posto di cavalli per spostarsi. Insomma, una roba da non trovare un attimo di tregua ma lui ce la fa, sempre con la figura inquietante di Hendrich che lo controlla e lo richiama se cede a qualche sentimentalismo. 

" Non creare legami con il tuo prossimo, e vedi di affezionarti il meno possibile alle persone che incontri. Perché altrimenti finirai col perdere lentamente la ragione..." 

Tom vive costantemente in allerta, teme di incontrare persone che lo hanno già visto, già conosciuto ed è soggetto ad un brutto mal di testa che lo disturba spesso. Nella Londra dei nostri giorni incontra Camille, una professoressa cui si sente molto vicino e che gli dimostra lo stesso interesse ma Tom deve risolvere qualcosa che proviene dal suo passato prima di essere libero di aprirsi con lei. Il libro di Matt Haig mi ha incuriosito fin dalla sua uscita, da quando ho visto le anteprime dalle mie blogger preferite. La copertina mi piace molto, la rosa raffigurata mi porta subito, con la mente, al piccolo principe. Confesso che all'inizio ho faticato un pochino a metter a fuoco lo stile di Haig e quindi a leggere il  libro, i continui salti temporali mi costringevano ad una costante attenzione alle date per non perdere il filo. Superato il primo capitolo però ho cominciato a provare la strana emozione di cui parlavo prima: come si deve sentire chi sopravvive ai propri cari? Come può stare chi vede cambiare le epoche, chi assiste a disastri o a guerre e non invecchia? Come si può accettare di non affezionarsi a nessuno? Come riesce Tom a fare tutto questo senza impazzire? Io credo che il sentimento sia il motore della sua forza d'animo, il ricordo dei suoi cari, l'amore per sua figlia. Matt Haig ha toccato, con delicatezza un argomento molto controverso. La nostra vita media si è già allungata di molto rispetto a un secolo fa ma questo può essere un punto a nostro favore? Sappiamo usare bene tutto il tempo che ci è concesso? In questo libro solo alle pagine finali l'autore mi ha svelato tutto, mi ha fornito la chiave per capire il suo ragionamento e, lo confesso, all'inizio non avevo capito se scriveva di realtà o fantascienza. Invece il suo messaggio è unico e semplice: vivere il momento, non pensare al passato o a quello che arriverà ma circondarsi di affetto e goderne subito. Bisogna superare la paura, affrontarla se necessario ma vivere. E io mi sono sentita sciogliere... 

"La storia era, ed è, una strada a senso unico. Bisogna continuare a camminare in avanti. Ma non si è obbligati a guardare sempre avanti. A volte ci si può semplicemente guardare intorno, ed essere felici proprio lì, dove si è."

Haig è un autore geniale secondo me. Non pensavo di poter esprimere un simile pensiero quando ho iniziato a leggerlo, non lo trovavo un gran libro ma bisogna andare avanti nella lettura per capire e per riconoscere che se siamo circondati dagli affetti il tempo assume un valore diverso, si dilata e non ci sovrasta. Se ci ricordiamo di godere di ciò che abbiamo diamo un valore ad ogni momento, ad ogni evento. Al contrario, quando siamo troppo occupati dalle cose sembra di non farcela, sembra che il giorno duri troppo poco e che non ci basti per fare tutto. Haig nel suo libro ci da una scrollata, ci dice di non aver paura, di vivere senza pensare quello che è stato o a quello che sarà... conta il momento. E io credo a tutto questo, la vita va vissuta attimo dopo attimo: chi fa troppi programmi si perde il resto e magari non se ne rende conto ed è uno spreco! Bel libro! Bravo l'autore e se si parla tanto di questo libro ora capisco il perché: fa riflettere, invita a pensare ognuno alla propria visone della vita e del tempo.  Un gran bel Cappello Parlante.

martedì 16 ottobre 2018

Recensione UNA PICCOLA LIBRERIA A PARIGI di Nina George

Buon lunedì a tutti! L'autunno stenta ad arrivare e così spesso mi risulta difficile accoccolarmi sul divano coi miei cari libri, come dovrebbe essere secondo il mio punto di vista, nelle giornatine fresche ottobrine. Il risultato ottenuto da tutto ciò è avere un sacco di libri in attesa di essere letti e tante recensioni da scrivere! Ma ce la posso fare ... spero! Intanto vi parlo di questo libretto (nel senso che scorre veloce), letto per la Challenge Tutti ad Hogwarts con le 3 Ciambelle per l'obiettivo Città nel titolo.


titolo  Una piccola libreria a Parigi    autore Nina George    editore Picwick 
data di pubblicazione  24 giugno 2014   pagine 308

TRAMA -  Jean Perdu ha cinquant'anni e una libreria galleggiante ormeggiata sulla Senna, la "Farmacia letteraria": per lui, infatti, ogni libro è una medicina dell'anima. Da ventun anni vive nel ricordo dell'amata Manon, arrivata a Parigi dalla Provenza e sparita all'improvviso lasciandogli soltanto una lettera, che Jean non ha mai avuto il coraggio di aprire. Ora vive solo in un palazzo abitato dai personaggi più vari: la pianista solitaria che improvvisa concerti al balcone per tutto il vicinato, il giovanissimo scrittore in crisi creativa, la bella signora malinconica tradita e abbandonata dal marito fedifrago. Per ciascuno Jean Perdu trova la cura in un libro: per tutti, salvo se stesso. Finché decide di mettersi in viaggio per cercare la donna della sua vita. Verso la Provenza e una nuova felicità.

RECENSIONE - Il libro Una piccola libreria a Parigi è un acquisto  fatto seguendo la pancia più che il cervello... girando in libreria, tempo fa, l'ho preso in mano e il titolo mi ha subito conquistata quindi portarlo a casa è stata l'ovvia conseguenza. Devo imparare che, a volte, i titoli sono studiati ma non sempre rispecchiano in toto quello che poi sarà il contenuto della storia. In questo libro di Nina George si parla di libri, il protagonista ha una libreria su una chiatta ancorata sulle rive della Senna e consiglia libri per "curare" i problemi dei suoi clienti. L'unico che non riesce a trarre giovamento dai suoi rimedi è proprio il libraio Jean Perdu. A distanza di tanti anni non riesce a superare l'abbandono della donna che ha tanto amato. Manon gli ha scritto una lettera in cui spiega i motivi della sua scelta ma lui non l'ha mai aperta per paura, per non sapere e, forse, per continuare a sperare in un ripensamento ma così facendo non ha mai conosciuto la verità. Perdu ha paura di leggere giustificazioni che metttono in cattiva luce il sentimento forte che lo lega a lei. Trascorrono ben venti anni prima che tutto si sveli, prima che il libraio ritrovi e legga la lettera di Manon. Perdu, nella sua "Farmacia Letteraria", dispensa a chi ne ha bisogno cure preziose fatte di romanzi e di poesie, il libraio ha un consiglio sempre pronto per chi soffre ma non riesce a curare sé stesso e a risollevarsi dal dolore per la perdita del suo amore. Anche quando legge la lettera non smette di pensare al tempo trascorso senza Manon, a quello che sono stati da giovani e al sentimento che li univa e alla vita che non li vede insieme come lui desiderava.

"Volevo dedicarmi a quegli stati d'animo che non hanno lo status di malattia e che i dottori non degnano di attenzione. Tutte queste timide emozioni, i moti interiori, a cui nessun terapeuta si interessa perché probabilmente troppo piccoli e incomprensibili".

La sua prima reazione, dopo aver letto quel che Manon scriveva, è quella di mollare gli ormeggi della chiatta e di navigare verso sud, verso la sua casa, arrivare quindi in Provenza, dove lei abitava, lo aiuterà a scrollarsi di dosso il dolore e lo rivestirà di nuova voglia di vivere e di assaporare l'amore visto che la nuova inquilina dello stabile al numero 27 di Rue Montagnard ha smosso in lui una nuova sensazione romantica e vuole approfondirla per rinascere e tornare ad usare il martoriato cuore. Nel viaggio pittoresco tra i canali francesi e le cittadine che li popolano leggiamo le vicende che riguardano Jean e i ricordi di Manon, l'evoluzione del giovane Max che condivide il viaggio col librario e di Vitale, il cuoco napoletano con problemi di cuore.

"Aveva toccato il fondo delle sue sofferenze fatte di disperazione e di rabbia: Aveva scavato, scavato e scavato via tutto. E d'un tratto c'era di nuovo spazio".

Questo libro ha attirato la mia curiosità per il titolo, sono sincera; leggendo rapidamente la trama lo credevo un libro che parlava di sentimenti ma in altro modo, più completo e definito. La storia poteva essere interessante se solo la narrazione fosse stata un po' più agile, più svelta e più accattivante. Purtroppo non riesco a trovare molto da dire su questo testo, la George non è riuscita a far presa su di me con i suoi personaggi: manca il feeling, il trasporto che mi aggancia  e  mi trascina nella storia. Qui tutto è lento, le descrizioni, i dialoghi, i ricordi... tutto diventa quasi noioso e si perde il filo. Manca lo sviluppo più approfondito del carattere e dei pensieri dei protagonisti: sono descritti in modo svelto, non arrivo a  "conoscerli" perché tutto è scritto pensando più alla descrizone del viaggio, dei luoghi piuttosto che delle persone. Pur essendo un libro non molto corposo ho impiegato tanto per finirlo e motivo tutto ciò con lo scarso interesse che il libro mi suscita. Mi piace molto solo l'appendice, con le pillole della "Farmacia Letteraria" che trovo interessanti e che avrei apprezzato veder spiegate in maniera più esaustiva all'interno della narrazione. Non sono sufficientemente poste in risalto come, secondo me, meritano. Sono assolutamente opinioni personali e chi legge i miei post sa bene che i libri, tendenzialmente, mi piacciono sempre tranne in rari casi. Ecco, questo è un di quelli... mi ha fregata il titolo! La storia d'amore tra Jean e Manon è descritta in maniera molto confusa, si passa dal racconto attuale alle memorie di lei e di lui ma il salto non sempre è chiaro. Il pensiero di Jean, libraio che potrebbe raccontare e farsi raccontare in modi infiniti dai clienti e da lui stesso, è descritto in modo superficiale e non mi lascia alcuna traccia di piacere per aver letto la sua storia. E' un libro che posso consigliare a chi vuole semplicemente leggere qualcosa  senza trattenerne un ricordo in particolare, così, per fare esercizio di lettura.