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domenica 24 aprile 2022

Recensione - LE LETTERE DI ESTHER di Cecile Pivot

Buona domenica!  Cari amici di blog oggi vi parlo di un libro speciale, un romanzo che mi ha incuriosita, interessata e anche sorpresa. Il libro mi ha da subito incuriosita perchè ormai, confessiamolo, chi usa più carta e penna per comunicare con gli altri? Chi ha ancora voglia di mettersi un foglio davanti e pensare alle parole giuste da inviare a qualcuno? Una storia che davvero aspettavo di leggere con avidità di lettrice amante della scrittura in tutte le sue forme. 


autore CECILE PIVOT editore RIZZOLI
data di pubblicazione 11 febbraio 2022 pagine 288 prezzo 18 euro

TRAMA - “Le lettere mi mancavano. Ormai non ne scriviamo più, le consideriamo una perdita di tempo che ci priva di immagini e suoni.” È per colmare la nostalgia che Esther, libraia di Lille, decide di organizzare un laboratorio di scrittura epistolare. Per lei, che con il padre ha intrattenuto una corrispondenza durata vent’anni, è come riportare in vita un rituale antico: accantonare per un po’ l’immediatezza delle mail e l’infinita catena di messaggi WhatsApp che ogni giorno ci scambiamo, per sedersi a un tavolo, prendere carta e penna, darsi tempo, nel silenzio di una stanza tutta per noi, e raccontarsi. Trovare le parole giuste per qualcuno che ci leggerà, non ora e nemmeno domani. E riassaporare il gusto perduto di una comunicazione più ricca, più sensata. “Da che cosa ti difendi?” è la prima, spiazzante domanda di Esther per i cinque sconosciuti che, rispondendo al suo annuncio, hanno scelto di mettersi in gioco. Attraverso piccoli quadri della loro vita quotidiana e l’intenso scambio epistolare si delineerà poco per volta il ritratto di una classe eterogenea e sorprendente: Samuel, il più giovane, che non riesce a piangere per la morte del fratello; Jeanne, ex insegnante di pianoforte, vedova, che si difende dalla solitudine accudendo animali maltrattati; Jean, un uomo d’affari disilluso che vive per il lavoro e ha perso contatto con le gioie più autentiche; Nicolas e Juliette, una coppia in crisi sulla quale il passato getta ombre soffocanti. Esponendo dubbi e debolezze all’ascolto e alle domande, la scrittura sarà, per loro, lo strumento per rivelarsi l’uno all’altro con sincerità, alleggerendo il cuore. Intriso di tenerezza e umanità, Le lettere di Esther è un elogio alla lentezza, una celebrazione della forza delle parole, un resoconto travolgente delle fragilità umane.

RECENSIONE - Inizio la mia recensione con la dichiarazione anticipata di amore incondizionato verso le lettere, le cartoline e tutto ciò che implica la scrittura; immaginate, quindi, le mie speranze di trovarmi di fronte ad un romanzo con una trama accattivante e in cui lo scritto epistolare non fosse una scusa per tutt'altro genere di storia. La mia felicità, alla fine del libro di Cècile Pivot, è stata immensa e anche a tratti, umida di lacrime. Nella mia adolescenza e anche giovinezza direi, ho avuto modo di avere degli amici di penna: amiche scozzesi conosciute al mare a Jesolo, cugine di secondo grado che abitano in Australia, compagne di scuola media che, per percorsi diversi, vedevo poco (considerando che la mia giovinezza è tra gli anni 80 e 90, quindi senza cellulari di sorta), partecipanti a gruppi di pen-pal che scrivono da tutte le parti del globo. Di tutti questi, il denominatore comune, sempre presente nei miei ricordi, è l'attesa! Il brivido e l'ansia che provavo aspettando di trovare qualche busta bianca o con i parallelepipedi blu, bianchi e rossi sui bordi la ricordo ancora in modo vivido! Conservo tutto ciò che ho ricevuto, ogni bigliettino, lettera o cartolina ha un posto preciso tra i miei tesori. In questo romanzo, che posso definire epistolare senza temere di sbagliare, la libraia Esther organizza un laboratorio di scrittura che prevede l'invio di lettere tra i partecipanti. All'incontro organizzativo si presentano in sei ma partecipano poi solo in cinque. Un gruppo disparato di persone che hanno voglia, per motivi diversi, di mettersi un pochino in gioco. Partecipa Jean: un uomo d'affari che passa la vita in viaggio, ha un lavoro che lo rende spietato e due figli che quasi non lo conoscono. C'è anche Jeanne, insegnate di pianoforte, vedova e senza figli che patisce la sua solitudine. Il giovane Samuel si iscrive per ammazzare il tempo libero. La sua vita è in una fase di stallo e la perdita di suo fratello è un ostacolo tra lui e i suoi genitori. Poi ci sono Juliette e Nicholas, moglie e marito che partecipano su richiesta della psichiatra che segue la depressione di Juliette e che intende usare il laboratorio di scrittura come strumento di cura. Si unisce al gruppo anche Esther e il quesito di partenza a cui i partecipanti devono rispondere è: Da cosa ti difendi?
Questa domanda è l'input perfetto per aprire i dialoghi tra i partecipanti, ognuno scrive ad altri due e le lettere diventano il vettore di pensieri veraci, difficili e liberatori. E' incredibile come tutta la trama del libro sia sviluppata quasi solo dalle lettere: in ognuna si raccolgono pezzi di vite, vittorie, sconfitte, dolori, rimorsi e rimpianti. Gioie anche, a volte, che alleviano le difficoltà e che invitano a non fermarsi nella ricerca del proprio mondo sereno. I rapporti tra i partecipanti si stringono, a mano a mono che il tempo passa, nessuno rinuncia a mettersi in discussione anche se il dialogo fa emergere anche punti scomodi. La mia grande soddisfazione è stata seguire con interesse sempre maggiore le vicende dei protagonisti, emozionarmi, arrabbiarmi, rispecchiarmi e commuovermi anche. Il piacere di leggere non è mai sceso, la mia attenzione è sempre rimasta incollata alla storia che evolveva, lettera dopo lettera, rivelando la bravura dell'autrice. Cécile Pivot ha saputo tenere alta l'asticella delle aspettative e ha portato avanti con grande maestria il racconto di sei vite, diverse tra loro in tante cose ma accomunate dalla voglia di mettersi in discussione, di guardarsi dentro e con onesta lucidità ammettere anche le difficoltà o le sconfitte. Un libro perfetto, a mio parere, dalla scrittura agile, mai melensa o eccessiva che conclude il racconto del laboratorio regalando emozioni sincere. Alla fine la mia grande soddisfazione è stata sentirmi quasi "amica" di ognuno dei partecipanti, la loro storia non era solo righe tra le pagine ma veri racconti di vita che racchiudono esperienze reali e veritiere. Consigliato a tutti, proprio a tutti ma, di più, a chi ha nostalgia di carta e penna e di lettere che profumano di vita vera.

mercoledì 6 aprile 2022

Recensione - NOTTI BIANCHE di Fedor Dostoevskij

Bentornati! Oggi sono qui a scrivere del mio ultimissimo libro letto che non è stato proprio facilissimo terminare! Confesso che la scelta di questo titolo, in questo preciso periodo, è stata molto poco spontanea. In libreria, in ogni libreria da me frequentata in queste settimane, c'è un angolo predisposto con i titoli di scrittori russi. Sono posti in evidenza talvolta, altre volte un pochino meno, ma sono sistemati per dare loro evidenza visto il momento storico delicato e magari si decida di acquistare qualche titolo per colmare lacune letterarie che non è mai una brutta cosa. E così ho fatto anche io... mi serviva un classico da leggere, magari un titolo veloce, non molto corposo perchè il tempo non è mio amico ultimamente e così ho scelto  Notti bianche. 


autore FEDOR DOSTOEVSKIJ  editore EINAUDI i classici
data di pubblicazione 12 maggio 2014  pagine 158 prezzo 12 euro

TRAMA - La natura lirica, fantastica e fantasmagorica di Pietroburgo è tutta infusa nelle Notti bianche, romanzo pubblicato per la prima volta nel 1848. Il giovane protagonista della vicenda è un sognatore. Immerso in uno sciame di pensieri e fantasticherie, nelle lucide notti estive, il giovane intraprende in solitudine lunghe passeggiate per le vie cittadine fino al sorprendente incontro con Nasten'ka, un altro essere notturno, e al sogno di un'avventura meravigliosa.

RECENSIONE  - Leggere un titolo scelto tra i classici  è sempre fonte di cultura, indipendentemente dal fatto che ci piaccia o meno quello di cui racconta il libro; il fatto stesso di essere un "classico" dovrebbe essere indice di una buona opera letteraria. Quando ho scelto Notti bianche cercavo un titolo facilmente fruibile: poche pagine perché ho volumi belli corposi già in attesa in libreria e soprattutto perché durante i mesi scorsi ho già dato in quanto a pagine lette di classici! Ha avuto modo di gustare la lettura di Via col vento e Il conte di Montecristo (versione integrale) che sono volumi sostanziosi in pagine scritte e in qualità di romanzi. Davvero dei capolavori da far conoscere a tutti e da far ri-scoprire al popolo dei lettori cosiddetti navigati che non li hanno ancora potuti apprezzare! Anni or sono ho letto anche Guerra e pace e pure Tolstoj non si risparmia in quanto a parole messe sulla carta! 
 Notti bianche di Dostoevskij è  uno dei primi scritti dell'autore russo e io non ho letto altro di questo scrittore prima d'ora. 
La storia ci racconta di un sognatore, un giovane che vaga per le notti di Pietroburgo, un anima solitaria che ritrova un po' di vita incontrando una ragazzina proprio durante il suo vagare notturno. In quattro notti il sognatore sente nascere un barlume di voglia di vivere, di voglia di amare che la giovinetta risveglia  con la sua vitalità  Lui, rinchiuso in un'esistenza ai margini, timoroso e incapace di slanci vitali si ritrova in vena di fantasticare di una vita diversa, più coraggiosa e più audace ascoltando Nasten'ka e scopre che può essere anche qualcosa di più di un sognatore: un sognatore fantasioso.
"... egli non desidera nulla perché è al di sopra di qualsiasi desiderio, possiede tutto, è sazio, perché è egli stesso l'artefice della propria vita e la crea ogni momento secondo la propria volontà."

 La fantasia può aiutarlo ad uscire dal guscio rivestito di solitudine e a fargli affrontare la vita  usando la l'immaginazione. Ritrova, il giovane sognatore , persino la voglia di amare. Lei gli racconta dei suoi drammi amorosi e dell'uomo che aspetta invano così il povero amico si illude che quell'amore possa andare anche a lui per non essere sprecato. Arriva purtroppo anche il tragico momento in cui Nasten'ka gli spezza tutte le aspettative facendolo ripiombare nel suo mondo solitario. Il sognatore perde la speranza di cambiare vita e ripiomba nel suo mondo fatto di consapevole solitudine carico solo dei ricordi della beatitudine regalatagli da Nasten'ka in quelle loro poche notti. Come posso definire questo libro e ciò che mi rimane dopo la sua lettura? Come posso raccontare i miei pensieri in merito ad un testo che da voce a chi vive fuori dalla realtà, a chi si sente troppo fragile rispetto alle cose del mondo e sceglie di rimanere ai margini, in un angolo su misura senza dover troppo avere a che fare con la vita vera? Dostoevskij descrive con maestria la vita del sognatore, ciò che lo limita e ciò che cambia al suo incontro che la ragazzina. Con lei raffigura la voglia di vivere, la concreta potenza dei sentimenti che il giovane non conosce. Anzi, solo con la fantasia immagina come può essere amare, vivere senza paura ed essere vitali, non solo vivi. Tanto più è grande la sua speranza di trovare l'amore in Nasten'ka e tanto più  è cocente la delusione quando lei lo respinge e capisce che arriva la fine delle illusioni. 

"Il mondo della fantasia diventerà sempre più pallido e i sogni appassiranno e moriranno come le foglie gialle dagli alberi"

Quello che ho trovato un punto di forza del romanzo è il linguaggio usato dallo scrittore per descrivere le quattro nottate e le emozioni che si susseguono nel petto del sognatore; non è stata una lettura che scorre fluida, ho dovuto ritornare a leggere alcuni passaggi e con calma assimilarli per poi riuscire a tracciarne un quadro d'insieme. Tanti i dialoghi intensi, le similitudini e le descrizioni precise che l'autore dosa con sapiente arte e non sempre li ho colti nel modo esatto. Alla fine comunque sono contenta di averlo letto: Notti bianche mi ha dato l'illusione che , a volte, saper volare con la fantasia, possa donare qualche attimo di perfezione e di felicità togliendo il velo nero della realtà dalla routine quotidiana. In questo periodo, dove la speranza non è sempre buona compagna,  non è cosa da sottovalutare e i dialoghi de Notti bianche  hanno una tale potenza e incisività che sono certa mi ritorneranno alla mente spesso. In fondo, l'autore mi trova perfettamente d'accordo quando scrive che anche solo un attimo di beatitudine vale la pena di essere vissuto in una vita intera, per la felicità che porta nel cuore di chi lo prova. E, a volte, viverne anche solo uno, di vera beatitudine al giorno d'oggi è una rarità quindi bisogna imparare a riconoscerli e ad apprezzarli davvero. 

martedì 5 aprile 2022

Recensione - L'EQUAZIONE DEL CUORE di Maurizio de Giovanni

Buon martedì a tutti! Siamo arrivati già al mese di aprile ma il profumo della primavera ci ha solo sfiorati! E' tornato prepotente il freddo e in me prevale la voglia di calore e di dolce far niente. Stamattina è tempo che mi metta al computer a scrivere i post che ho in agenda da troppi giorni ormai. Oggi vorrei lasciarvi i miei pensieri su uno degli ultimi libri letti in questo periodo e vi parlo di L'equazione del cuore di Maurizio de Giovanni. 



autore MAURIZIO DE GIOVANNI   editore MONDADORI
data di pubblicazione 1 febbraio 2022 pagine 252 prezzo 19 euro


TRAMADopo la morte della moglie, Massimo, professore di matematica in pensione, vive, introverso e taciturno, in una casa appartata su un’isola del golfo di Napoli. Pesca con metodo e maestria e si limita a scambiare rare e convenzionali telefonate con la figlia Cristina, che vive in una piccola città della ricca provincia padana. A interrompere il ritmo di tanto abitudinaria esistenza la notizia di un grave incidente stradale: la figlia e il genero sono morti, il piccolo Checco è in coma. Massimo deve assolvere i suoi doveri. Crede, una volta celebrata la cerimonia funebre, di poter tornare nella sua isola, e lasciare quel luogo freddo e inospitale. Non può. I sanitari lo vogliono presente accanto al ragazzino che giace incosciente. Controvoglia, il professore si dispone a raccontare al nipote, come può e come sa, la “sua” matematica, la fascinosa armonia dei numeri. Fuori dall’ospedale si sente addosso gli occhi della città, dove lo si addita, in quanto unico parente, come tutore del minore, potenziale erede di una impresa da cui dipende il benessere di molti. Da lì in poi quanto mistero è necessario attraversare? Quanto umano dolore bisogna patire? Per arrivare dove? Maurizio de Giovanni scrive una delle storie che ha sempre sognato di raccontare. E ci consegna a un personaggio, tormentato e meravigliosamente umano, messo dinanzi al mistero del cuore.

RECENSIONE -  Quanto può essere tranquilla la vita da pensionato di un professore di matematica? Massimo De Gaudio cerca la pace in un'isoletta del golfo di Napoli e vive in solitudine facendo della pesca la sua attività preferita. Ha una figlia, Cristina, che vive al Nord con il suo bimbo Francesco detto Checco; li sente poco e li vede ancora meno, conosce a malapena suo genero ma il gelo lo pietrifica quando riceve la telefonata che nessuno dovrebbe mai ricevere. Sua figlia e suo genero non ci sono più. Un incidente li priva della vita, insieme, il loro bimbo è grave in ospedale e Massimo deve farsi forza e correre da lui; dall'unico affetto che gli è rimasto su questa Terra. Non è facile lasciare la sua isoletta, il suo spazio vitale minimo che lo isola dal resto del mondo e che lo fa sentire tranquillo ma deve dare il suo affetto al piccolo nipotino ferito. Checco ha bisogno di lui anche se Massimo pensa di non avere nulla da offrirgli, non lo conosce quasi, intimamente sa che è giusto essere al suo capezzale. Conosce  Alba, la babysitter di Checco, discute con lei quasi ma attraverso le sue parole impara a conoscere meglio sua figlia e la sua famiglia. Stare accanto a Francesco per riportarlo alla vita, risvegliarlo, è una missione per Alba ma anche per Massimo che racconta al nipote il mondo e i suoi affanni attraverso la sua amata matematica. 
"Per tutta la vita si era schierato contro l'irrazionalità delle emozioni, e l'inopportunità dell'immaginazione, lottando strenuamente per la concretezza e la logica..." 
Come è diverso questo libro da quelli che conosco di de Giovanni! Non ci sono i Bastardi di Pizzofalcone, non c'è il commissario Ricciardi, non c'è Sara Morozzi e la sua "invisibilità", non troviamo Mina Settembre e i suoi bagagli di casi umani... insomma, qui c'è un autore che stupisce davvero. Una trama insolita, non meno coinvolgente ma di sicuro una nuova prospettiva sui sentimenti. Ed è una bella novità, ne sono rimasta affascinata, emozionata e davvero colpita. La severa figura del professor Massimo, una personalità costruita anche dal dolore della perdita della cara moglie, la voglia di stare da solo a godere del tempo che diventa solo suo in un'isola del caldo Sud. Il professore senza il sorriso che riscopre di avere un cuore al cospetto del nipotino ferito ed appeso alla vita solo da un flebile respiro.  L'autore intesse una trama fatta di fili di empatia, di tenerezza, di coraggio anche e di un po' di sensi di colpa. Massimo non è stato un padre che dispensa amore a piene mani, lo riconosce, nel momento del bisogno però non si tira indietro, non scappa anche se farlo gli verrebbe proprio bene. Leggere questo libro mi ha stretto il cuore in una morsa: avere un familiare su un letto di ospedale e in fin di vita è una cosa che ho vissuto, poco tempo fa, sulla mia pelle. Non importa se la causa è un incidente o una malattia... quel fatto fa riflettere sul perchè accadono certe cose, su chi si può incolpare per sentirsi meno colmi di rancore e di rabbia. Si cercano appigli per non crollare, le corazze a volte si induriscono e a volte si crepano. Massimo lascia filtrare dalla sua scorza coriacea di "solitario" il sostegno che offre a Checco e ad Alba. Attraverso la sua conoscenza dei numeri stabilisce un rapporto con il nipotino e gli racconta del mondo, di ciò che lo aspetta, di ciò che non deve smettere di volere. Una tenerezza infinita leggere queste pagine, tanto diverse dalle aspettative che, a volte, autori conosciuti creano ad libro nuovo. Una sorpresa positiva leggere di sentimenti, di evidenti dati matematici abbinati al racconto di cose poco logiche come sono proprio le emozioni e rimanerne tanto colpita! Un libro che spiega bene, a parer mio, quanto non serva essere uniti fisicamente per definirsi famiglia. L'affetto, l'amore anche, non conoscono distanze e, senza ipocrisie, non è dato dalla quantità di tempo o di informazioni. L'amore scaturisce spesso a dispetto di ciò che si considera "ovvio" e scava brecce anche nei cuori più chiusi e duri. In fondo, per provare tutto questo, Massimo cita Dirac e la sua equazione....

"... Se due sistemi interagiscono tra di loro per un certo periodo di tempo e poi vengono separati, non possono più essere descritti come due sistemi distinti, ma diventano un unico sistema."
Tutti, nel corso della vita, entriamo in contatto con diverse persone... alcune di loro si stabiliscono tra i nostri affetti, altri no a seconda di quanto peso hanno nei nostri vissuti. E' certo che, comunque, quello che siamo e che proviamo è anche frutto della presenza di chi ci sta accanto,  di chi ci vuole bene. Perché, come scrive de Giovanni nel libro...

"... nessuno dipende mai da una persona. Ma da un sentimento sì, senza alcun dubbio." 
Con questa affermazione posso concludere la mia riflessione e ribadire, una volta ancora, che certi libri devono essere letti, almeno una volta nella vita. Serve prendere consapevolezza che gli affetti non sono acqua fresca, non si spezzano e non si creano a comando ma esistono e sopravvivono anche alle avversità più difficili della vita o ne decidono la sorte. Leggete L'equazione del cuore,  è un libro che svela le dinamiche degli affetti in un modo nuovo e mai scontato. C'è bisogno di questo tipo di letture, in questi periodo piuttosto cupi e solitari.