titolo Orfani bianchi autore Antonio Manzini editore Chiarelettere
data di pubblicazione 20 ottobre 2016 pagine 256 pagine
RECENSIONE - Ho terminato questo libro ieri sera, l'unico titolo di Manzini che ancora non avevo letto e sono ancora profondamente commossa. La storia che Manzini racconta non ha nulla a che vedere con il pungente sarcasmo di Rocco Schiavone - adorato vicequestore, protagonista dei libri di questo autore sorprendente - ma, pur mantenendo una profonda e vivida capacità di descrivere i personaggi oltre che descrivere il contesto in modo preciso e realistico, colpisce duro all'anima di chi legge. Mirta, la protagonista della vicenda, lavora in Italia come badante/donna delle pulizie: lei è disposta a tutto pur di offrire a suo figlio, l'unica cosa che le rimane e che ama oltre ogni cosa, un futuro dignitoso. I lavori che si trova a dover accettare sono quanto di più umiliante e inaccettabile si possa pensare; lei invece accetta tutto perché è l'unico modo che ha per raccimolare soldi. Lei non è avida, non vuole diventare ricca ma desidera soltanto poter portare in Italia anche suo figlio Ilie, la luce dei suoi occhi. Il ragazzo è rimasto in Moldavia, accudito dalla nonna prima che le cose precipitino in maniera tragica costringendo Mirta a decidere di estirpare un pezzo del suo cuore e di lasciare il figlio in un istituto moldavo, una specie di collegio visto da fuori ma un tragico incubo per Ilie.
"Che paese è quello che ti costringe a partire e andare a vivere in una famiglia straniera incapace di badare ai propri anziani costringendoti a sputare sulla tua?"
Questa è una domanda lecita che si pone Mirta, una riflessione che dovremmo fare anche noi, quelli che si avvalgono del lavoro delle badanti e delle signore delle pulizie straniere, disposte a fare tutto quello che noi non vogliamo svolgere. Abbiamo idea di quello che lasciano a casa? Riusciamo a capire lo strazio che si trascinano se hanno lasciato figli e famiglia al loro Paese? Rinunciano ai loro affetti più cari per tanti mesi e si mettono a disposizione delle nostre famiglie per alleggerirle dell'impegno verso familiari bisognosi. E poi... i destinatari delle cure di queste signore, siamo sicuri che siano felici di sottoporsi al modo spiccio e, comunque pur sempre impersonale e poco coinvolto? Perchè riusciamo ad offrire, a chi arriva da lontano. soltanto i lavori che noi stessi non vogliamo più svolgere o non siamo in grado di svolgere? E poi... perchè, se è vero che il lavoro nobilita l'uomo, riusciamo a far sentire quasi degli schiavi coloro che abbandonano terra e cari per trovare uno stipendio?
"La fame te lo toglie l'orgoglio. E ti toglie anche l'amor proprio e la dignità. Come si fa a sopportare di essere colpevole di cose che non hai mai pensato?
Mirta mette da parte l'orgoglio, riesce a immedesimarsi, a leggere nei pensieri dell'anziana signora a cui bada e a scalfirne la corazza di odio, di disprezzo. Compie tutto questo per un unico, grande desiderio: portare con sé Ilie, offrirgli di realizzare nuovi sogni e non cede a nessun compromesso, a nessuna scorciatoia. Grande, grandissimo Manzini... nonostante Rocco non ci sia, il libro è così coinvolgente e potente. Non sono riuscita a leggerlo con distacco: ci sono pagine che suscitano emozioni e che commuovono profondamente. Antonio Manzini ha una grande dote, secondo me, lui scrive i suoi libri usando la penna e il cuore; narra la storia e dà vita ai suoi protagonisti in un modo che rende quasi impossibile non sentirsi coinvolti in quello che racconta. L'unica cosa che un po' mi ha perplessa è il finale: una botta secca, veloce, con poche spiegazioni Nient'altro. Pensandoci poi ho dedotto che così deve essere... lasciare che il pugno allo stomaco faccia male per far pensare, per fa ragionare il lettore su quanto raccontato nelle pagine appena terminate e lasciare che il messaggio arrivi dritto in fondo all'animo di chi legge Orfani bianchi. Come sempre, a parer mio, un ottimo lavoro caro Manzini.
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