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martedì 4 gennaio 2022

Recensione - OLIVA DENARO di Viola Ardone

 Per Natale le mitiche Ciambelle hanno organizzato anche un Gran Ballo per rallegrare la Challenge in corso. Per parteciparvi, oltre a trovare un abito sufficientemente decoroso, dovevo leggere anche un titolo tra quelli da loro proposti. Io ho scelto di dedicarmi al libro di Viola Ardone Oliva Denaro e qui vi lascio le mie impressioni. 

autore VIOLA ARDONE - editore EINAUDI  
data di pubblicazione 28 settembre 2021 - pagine 312 - prezzo 18 euro


TRAMA - La colpa e il desiderio di essere liberi in un romanzo di struggente bellezza. «Io non lo so se sono favorevole al matrimonio. Per questo in strada vado sempre di corsa: il respiro dei maschi è come il soffio di un mantice che ha mani e può arrivare a toccare le carni». Dopo "Il treno dei bambini", Viola Ardone torna con un’intensa storia di formazione. Quella di una ragazza che vuole essere libera in un’epoca in cui nascere donna è una condanna. Un personaggio femminile incantevole, che è impossibile non amare. Un rapporto fra padre e figlia osservato con una delicatezza e una profondità che commuovono.

RECENSIONE - Il libro Oliva Denaro riprende il nome e cognome della protagonista; Oliva è una ragazzina quindicenne che vive con la sua famiglia a Martorana, un paesello siciliano dove tutti sanno tutto di tutti. La sua autrice è Viola Ardone, scrittrice napoletana che insegna italiano e latino nei licei e che ha già pubblicato, sempre per Einaudi, Il treno dei bambini nel 2019. Il titolo che recensisco oggi è stato pubblicato a settembre 2021, è un romanzo di formazione  che descrive in modo delicatamente incisivo la condizione femminile nell'Italia degli anni '60. La storia ha come protagonista Oliva, un ragazzina quindicenne che non vuole crescere ma che desidera solo continuare ad andare a caccia di lumache col suo papà, correre a "scattafiato"e  difendere con la fionda il suo amico Saro dai soprusi dei bulli. Non vuole diventare donna perché la sua mamma le ha insegnato che le loro vite sono fatte di regole e che 
" La femmina è una brocca, chi la rompe se la piglia."

 Lei si convince che la vita del suo gemello Cosimino è più semplice, in fondo ai maschi si permette di crescere un pochino alla volta e loro non sono brocche, se si rompono si possono aggiustare. A fianco di Oliva, discreto e silenzioso, c'è Salvo Denaro, suo padre. Un papà di poche parole ma concreto, che con i suoi modi di fare delicati ed empatici offre ad Oliva una spalla solida su cui poggiare in questa sua fase di crescita. Nonostante i rimbrotti di Amalia, sua moglie, una tosta calabrese che lo accusa  spesso di avere "sangue di cimice", di non essere abbastanza uomo per badare in maniera onorevole alla sua famiglia. Lei, Amalia, è la parte forte della famiglia: lei si adopera per il matrimonio riparatore della figlia maggiore, Fortunata. Le fa sposare un uomo violento, padre del bimbo che lui stesso le fa perdere a furia di botte ma che non scandalizza nessuno perché la brocca rotta è di chi se la piglia.Salvo invece è amorevole, preferisce la saggezza alla violenza, non è mai eccessivo o impulsivo e vuole bene ai suoi figli e Oliva sente il suo affetto. Anche quando diventa oggetto delle attenzioni indesiderate ma forse sottovalutate per ingenuità, di Pino Paternò. Lui è figlio di una famiglia importante (magari non nel senso positivo del termine) del paese, lavora nella pasticceria di famiglia e si incapriccia di Oliva che lo rifiuta come può. Quando accade l'irreparabile e la ragazza subisce la violenza più umiliante e vigliacca, il suo papà le fa scudo e la protegge  dal matrimonio riparatore che aggiungerebbe ancora più dolore a quello già nel petto di Oliva. L'unico errore che lei si sente di aver commesso è la languidezza provata per uno sguardo, un sorriso fatto per educazione, un ballo fatto per cortesia nella piazza del paese. Ma si può incolpare una ragazza per questo? Si può dire che, in nome di tutto ciò, l'onorabilità è perduta? Davvero il femminile singolare non esiste? Alle donne non è permesso desiderare qualcosa senza sentirsi "merce avariata"?

"Io una donna femminile singolare non l'ho vista mai. - ... Forse hai ragione tu, Oliva, però la grammatica serve anche a modificare la vita delle persone. - ... Che dipende da noi, il femminile singolare, anche da te."

 Quello che mi fa riflettere, leggendo il libro, è che non si sta parlando di epoche lontane, di ere antiche ma di una manciata di anni fa. Anni in cui mia mamma era poco più di una ragazzina e ha vissuto (in modo meno pesante per fortuna)  tutto questo sulla sua pelle. Cose a cui non pensiamo perché siamo figli di diritti dati per scontati, di agi cui siamo abituati e di cui non conosciamo bene l'origine e la sofferenza costati per conquistarli. Oliva decide di ribellarsi alle regole dell'onore e denuncia chi le ha usato violenza e ne paga le conseguenze ma vuole essere padrona di dire anche dei no. Accanto a lei, sempre solido ma discreto, c'è Salvo: una figura silenziosa ma possente che ho trovato quasi commovente. L'intera famiglia accompagna Oliva nel difficile percorso di "ribellione" scomodo ma liberatorio. Viola Ardone scrive in modo superbo questo romanzo che tratta argomenti così attuali, per certi versi. In un'epoca in cui la donna, nonostante i proclami per diritti sbandierati ma troppe volte calpestati e finisce nelle cronache  troppo spesso per violenze legate alla disparità vera, questo libro andrebbe letto da tutti, soprattutto da chi deve crescere i figli e vuole farlo in modo serio, onorevole e rispettoso del prossimo. La trama è ambientata nel ventennio che va dal 1960 al 1981, un  ventennio che vede, in ritardo sul buonsenso, l'abolizione del matrimonio riparatore del del delitto d'onore. La scrittrice da voce ad Oliva, alla sua ribellione in modo semplice, seguendo il suo punto di vista trasparente e deciso. Anche se la comunità intorno mormora, i Denaro si uniscono per permettere ad Oliva di risollevarsi da un oltraggio che non ha cercato né assecondato e che non è disposta a riparare perché non vuole solidificare il dolore e l'infelicità. Perché la colpa deve sempre ricadere sulle spalle della ragazzina? L'opinione popolare insegna che, a quei tempi, l'uomo è cacciatore e la donna deve sapersi conservare. Liliana, amica sincera e assolutamente libera da condizionamenti, spiega ad Oliva e ai suoi compaesani che le donne devono insegnare le regole alle figlie ma ai figli anche il rispetto per le femmine, per la parità che meritano, per la libertà che dovrebbe essere un diritto. Questo sarebbe davvero il cambiamento  più sovversivo! 

" Si guarda al vestito come per verificare. - Lo vedi? Siamo proprio noi le prime. troppo succinto, troppo lungo, troppo stretto, troppo provocante. Ripetiamo le stesse parole dei maschi, invece di provare a modificarle. Quello che è successo a te non c'entra niente con l'amore; l'amore non si impone, si scambia."

Oliva affronta con fierezza le conseguenze  del suo no, La solitudine, i giudizi, le difficoltà non hanno scalfito la sua sicurezza e la certezza di fare la cosa giusta. Le sue ragioni hanno contrastato bene i disagi subiti.

 Alla fine del libro cosa rimane?  Ho provato incredulità  e anche io, che non sono capace di gesti eclatanti, ho condiviso in pieno la decisione di dire no alle convenzioni di Oliva. Mi sono teneramente commossa  al cospetto di un padre come Salvo. Così poetica e silenziosa la potenza del loro rapporto fatto di poche parole e tanti gesti. La loro fierezza è sempre stata salda, contro tutti e a dispetto di tutti, una complicità che li ha protetti facendosi scudo contro tutto il male che gli si rovescia addosso. E se un groppo in gola mi è venuto è proprio per la potenza della loro solidità; in fondo sarebbe stato più facile e anche in uso al tempo obbligare la figlia a sposarsi. Invece non è mai venuto meno il dovere di lasciarla libera di decidere, di scegliere il suo destino. E di affiancarla silenziosamente, qualunque decisione lei prenda, E questo, davvero, racchiude un bellissimo messaggio d'amore di un padre e una madre verso la figlia. Senza doveri o riparazioni , solo per amore. 

Recensione - LE STANZE BUIE di Francesca Diotallevi

Ciao! Torno a scrivere di libri e più precisamente ecco la recensione di quella che è stata la mia lettura in questi ultimi 20 giorni. Si tratta dell'opera prima scritta dalla Diotallevi ma ripubblicata quest'anno dall'editore Neri Pozza che non vedevo l'ora di leggere e che  Cristina ha scelto per me come obiettivo della nuova Challenge librosa cui partecipo.
 
 
autore FRANCESCA DIOTALLEVI  - editore NERI POZZA
 data di pubblicazione 14 ottobre 2021- pagine 304 - prezzo 18 euro

TRAMA - Si possono coltivare le passioni in un tempo ingeneroso? Qualcosa di torbido e inesprimibile affiora alla superficie di questo romanzo. Ed è indefinito, difficilmente afferrabile eppure persistente, come il profumo che porta addosso Lucilla Flores, protagonista di questa storia fosca e al tempo stesso delicata e malinconica. Francesca Diotallevi, con una capacità di raccontare fuori dal comune, ci porta in una piccola provincia del Piemonte della seconda metà dell’Ottocento, dentro la casa di un aristocratico dedito a vigneti e poco d’altro. Dove la servitù inganna il tempo di un lavoro sempre uguale con qualche ingenuo pettegolezzo, e dove arriva a servizio un maggiordomo che prende il posto del vecchio zio appena scomparso.Ma nessun dio oscuro e severo sarebbe stato capace di tanto dolore e di tanta ingiustizia: verso una bimba innocente, e verso la moglie del conte, Lucilla, una donna con il volto «velato di oscurità», smarrita dentro un segreto che non le si addice, che non dovrebbe appartenerle, lei, la creatura più lieve, sospesa e innocente che si possa immaginare. Le stanze buie è una dichiarazione d’amore alle passioni, alla poesia, alla bellezza della natura, a quel femminile che ci meraviglia ogni volta che si rivela a noi. La storia di un amore negato, la prepotenza di un mondo chiuso e meschino, capace soltanto di nascondere, di reprimere, di lasciare che esistenze intere si lascino coprire dalla polvere della storia senza riscatto e senza futuro.
Tra queste stanze ferite dal pregiudizio e dall’indifferenza, Francesca Diotallevi trova, però, una luce e una delicatezza quasi preraffaelita e in questo contrasto affila una lama che taglia sempre perfettamente. E mostra che la felicità non è nelle cose del mondo, se il tempo è ostile.


RECENSIONE - Francesca Diotallevi ha scritto questo libro nel 2013 ma l'editore Neri Pozza l'ha ripubblicato a ottobre 2021 portando questa opera prima in evidenza tra i titoli del periodo. La Diotallevi è una giovane autrice che ho già conosciuto attraverso i suoi libri: uno dedicato alla tata/fotografa Vivian Maier (Dai tuoi occhi solamente -2018) e la storia di una ragazza che vive nei boschi e che per questo viene creduta strega durante la Grande Guerra in una Val d'Aosta fredda e superstiziosa ma solo in apparenza ( Dentro soffia il vento - 2018). 
Le stanze buie è un romanzo che però difficilmente si riesce a definire in modo più specifico: non è un mistery, non è romance, non è uno storico anche se descrive fatti accaduti nel periodo che va dal 1864 al 1904. Il libro racconta delle vicende accadute al maggiordomo Vittorio Fubini, le racconta lui stesso in quanto voce narrante, che "eredita" il lavoro a casa del conte Flores per merito di uno zio a cui non è nemmeno così tanto legato e deceduto da poco. In quella dimora si trova a dover affrontare situazioni che mettono in discussione tutti i suoi princìpi nonostante la sua impostata e devota obbedienza al conte.
"Avevo tenuto fede alla promessa fatta al padrone, avevo svolto il mio dovere, eppure non mi sentivo soddisfatto. Mi sentivo colpevole."
Nella casa vivono anche Lucilla, infelice moglie del conte e Nora la sua piccola bimba, Due figure che Fubini non riesce a capire subito ma che gli riservano sorprese cui non è preparato. Quello che più di tutto fa scricchiolare le sue sicurezze è la sensazione costante di qualcosa di nascosto dietro le porte di quella casa. Qualcosa di misterioso che vorrebbe conoscere ma da cui è tenuto alla larga dal resto del personale della casa, Inquietudini che rendono il suo lavoro uno slalom tra le sensazioni che prova, indeciso se cedervi o se continuare a resistere. 
"Nessuno vi farà del male, ve lo prometto. mormorai. Per qualcuno come me, che non diceva mai più del dovuto, era un fatto inusuale. così come era inusuale l'affetto che all'improvviso sentivo di provare per quella bambina. Allora non sapevo che l'amore era così."  

La trama mi ha affascinata fin da subito, mi sembrava di esserci anche io all'interno di quel palazzo e di subirne il fascino misterioso, inquieto e doloroso. Palazzo Flores, custode di amori negati, di cattiverie perpetrate in nome di un onore distorto. La verità rende liberi ma non sempre si è disposti a riconoscerlo, soprattutto se questo rende fragili, deboli ed esposti. Il conte Flores non ama nessuno, tranne la sua brama di possesso che lo rende insicuro e quindi pericoloso. nemmeno la vitalità della piccola Nora lo muovono a tenerezze paterne, anzi, costringe la moglie a liberarsene trovandole una tata. Lucilla invece è un'anima delicata, fragile e preziosa che non accondiscende alle cattiverie del marito. L'autrice narra con tanta sensibilità i tratti dei protagonisti rendendo noi lettori spettatori partecipi dei loro emozionanti caratteri. Tesse una trama ben articolata, magnetica, che trascina con curiosità tra le righe per arrivare al nocciolo del racconto, per dipanare quel velo di triste mistero che si percepisce da subito ma che sorprende solo al momento giusto. L'atmosfera nel libro mi ha riportato alla mente Downtown Abbey, per un sacco di similitudini qui in versione  più "noir". 

" Gli spettri, compresi in quel  momento, non esisterebbero se non fossimo noi, col nostro amore, col nostro dolore, a trattenerli qua. Gli spettri vivono dentro di noi. Gli spettri, talvolta, siamo noi."

La scrittrice racconta, in modo egregio a parer mio, le inquietudini e gli sconvolgimenti che i fantasmi del passato portano nelle esistenze di chi ha agito in modo ambiguo nel nome di una rispettabilità di forma ma non assolutamente di sostanza.La sensibilità, a volte, non aiuta a superare o ad affrontare gli eventi di una vita apparentemente agiata. La Diotallevi descrive con una penna magica la personalità di Fubini, un maggiordomo che sembra tanto impostato, ligio a regole e gerarchie ma che mette tutto a rischio per un moto di dolcezza cui non è preparato. Una magia che circonda anche i personaggi di Nora e Lucilla, incastrate in agi che negano qualsiasi loro libera scelta. La malinconica descrizione di un amore proibito (solo del passato?) che racchiude dolcezza e felicità solo apparenti. Ogni cosa si scontra col dolore, con la gelosia e la tristezza di un presente fatto di buio e silenzio. L'autrice, pagina dopo pagina, ci prende  per mano e aiuta a scoprire che nulla è perduto se si lascia filtrare la luce, se si smette di nascondere la verità perchè...

"Non si può vivere chiusi in stanze buie."

Un libro che mi ha fatto far pace con la lettura dopo un periodo non facile per me. I libri non sono mai mancati nelle mie giornate, per la verità, ma avevo un po' perso il gusto di condividere le impressioni  che mi suscitano e che lasciano traccia. Se posso essere utile per incuriosire anche solo una persona a leggere un libro  con queste mie parole, allora avrò di che esserne fiera.