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lunedì 19 marzo 2018

Recensione: Uno, nessuno e centomila di Luigi Pirandello

Buongiorno e buon lunedì... oggi vi parlo di un classico davvero interessante, uno di quei testi che avevo solo conosciuto a pezzetti nelle antologie di scuola.  Uno, nessuno e centomila di Luigi Pirandello fa parte di quelle letture che, secondo me, ogni amante dei buoni libri dovrebbe leggere e io ringrazio la Challenge a cui partecipo per farmi scoprire sempre libri diversi ed alcuni che non avrei altrimenti mai scelto di leggere.

Sinossi: Pubblicato nel 1927 è il romanzo più tipico di Pirandello, quello in cui meglio si manifesta il nucleo fondamentale di quel particolare sentimento della vita e della società che sta alla base di tutta la sua grande opera teatrale. Vitangelo Moscarda si convince improvvisamente che l'uomo non è "uno", ma "centomila"; vale a dire possiede tante diverse personalità quante gli altri gliene attribuiscono. Solamente chi compie questa scoperta diventa in realtà "nessuno", almeno per se stesso, in quanto gli rimane la possibilità di osservare come lui appare agli altri, cioè le sue centomila differenti personalità. Su questo ragionamento il tranquillo Gengé decide di sconvolgere la sua vita.

Recensione: In questo libro Pirandello ci racconta la storia di Vitangelo Moscarda e di come, per un innocente commento sul suo naso, sua moglie riesca a metterlo in discussione. Da quel semplice scambio di opinioni davanti allo specchio Vitangelo, nato ricco e nullafacente per lavoro, capisce che agli occhi degli altri non appare per come lui si vede o per quello che lui  crede ma ogni persona percepisce in lui qualcosa di diverso. Quel commento innocente fatto dalla sua Dida lo mette in crisi, non riesce più a capire chi è e, con azioni anche insensate, cerca di cambiare vita per vedere se riesce a riprendere il controllo di sè e della percezione che ha di sè. Il libro si sviluppa raccontando il travaglio di Gengè, le sue divagazioni e le sue riflessioni lo fanno apparire un pazzo agli occhi di chi lo circonda. Si libera della banca di famiglia in modo molto superficiale e questo già scatena malumori in famiglia e tra gli amici. Sua moglie, stanca del suo stato mentale così "alterato" lo abbandona e, insieme agli amici, curatori del suo patrimonio e anche un po' ladri, chiede l'interdizione di Vitangelo che lo porterà anche in manicomio. Dunque... che posso dire di questo libro? Che potrebbe benissimo essere lo specchio di tanti problemi che affliggono la nostra società oggi; che nessuno di noi è uno e unico ma, a seconda delle situazioni o delle persone, dimostra più sfaccettature. E' incredibile pensare che Pirandello, nel 1926, potesse descrivere simili argomenti che sembrano più figli del nostro tempo e della nostra società dove conta apparire più che essere. Vitangelo e la sua semplice e monotona vita si sfracellano per un semplice commento sul suo naso ma quanti di noi si sentono messi in discussione per una battuta o un appunto fatto senza cattiveria? Pochi di noi hanno un tale distacco da tutto e tutti per sorvolare le opinioni altrui dall'alto senza esserne intaccati. Ci infastidisce non riscontrare consensi oppure non sembrare perfetti e, spesso, snaturiamo la nostra natura per adeguarci alle aspettative come Vitangelo che per cercare di piacersi manda a rotoli la sua vita e i suoi affetti. Pirandello mi è piaciuto per i contenuti e per il messaggio che ci lascia ma confesso che per arrivare alla fine ho faticato: i monologhi di Gengè alla fine risultano pesanti non solo per chi lo circonda ma anche per chi ha occasione di leggerli nonostante siano parte integrante del libro e siano necessari per capire il turbamento che lo colpisce e lo demolisce. Sono comunque contenta di aver conosciuto meglio questo autore che per molti rimane solo un ricordo nei libri di scuola.

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