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martedì 26 marzo 2019

Recensione SPERANDO CHE IL MONDO MI CHIAMI di Mariafrancesca Venturo

Oggi giorno di recensioni, il tempo stringe e ho tanto ancora da raccontarvi sulle mie ultime letture. In questo post vi presento il libro di Mariafrancesca Venturo Sperando che il mondo mi chiami. Un libro che ho scelto leggendo la trama: mi ha fortemente incuriosita a saperne di più, a scoprire la storia che l'autrice voleva raccontarmi e devo dire che mi ha colpita davvero.



titolo Sperando che il mondo mi chiami   autore Mariafrancesca Venturo
editore  Longanesi 
data di pubblicazione 17 gennaio 2019    pagine  405

TRAMA - Carolina Altieri ogni mattina si sveglia all'alba per andare al lavoro. Indossa abiti impeccabili, esce di casa, sale su un autobus e accende il cellulare sperando che una scuola la chiami. Carolina fa il mestiere più bello del mondo, ma è ancora, e non sa per quanto, una maestra supplente, costretta a vivere alla giornata senza poter mai coniugare i verbi al futuro, né per sé né per i suoi allievi. Attraverso ore che scorrono in un continuo presente, scandito solo dalle visite a una tenerissima nonna e dall'amore travolgente e imperfetto per Erasmo, Carolina racconta il rocambolesco mondo della scuola, popolato da pendolari speranzosi e segretarie svogliate, e la sua passione per i bambini, che tra sorrisi impetuosi, inaspettate verità e abbracci improvvisi riescono sempre a sorprenderla e a insegnarle qualcosa. E sarà proprio questa passione a costringerla a imprimere una svolta alla sua vita eternamente sospesa e a cambiarle il destino.

RECENSIONE - Non so realmente cosa mi aspettavo da questo libro, quando in libreria, l'ho preso ed acquistato. So che qualcuno pensa che siano i libri a scegliere noi e non il contrario e forse ci credo anche io; in questo caso almeno sono certa che dovevo leggere la storia della Venturo. la protagonista è Carolina, una maestra sempre precaria che esce al mattino preparata di tutto punto e aspetta d essere contattata per raggiungere una scuola. Lei non sa dove farà supplenza, se saranno coperture lunghe o brevissime, non sa in che zona di Roma (dove lei vive) si recherà per insegnare a dei bimbi che conoscerà per poco tempo. Classi che cambiano spesso, abitudini da imparare per pochi giorni, foglietti con le note lasciati dalle maestre cui lei deve far riferimento e che le tolgono la spontaneità e l'entusiasmo che mette nell'insegnare. 

"Ogni settimana si cambia gruppo e così la meta del viaggio. Andiamo lontano, e quanto?, tanto quanto il tempo che la maestra impiegherà per guarire, tre, quattro, cinque settimane: andiamo sulla Luna, interroghiamo un'ombra, il numero sette, la pizza, la sfera. "

La sua storia fa riflettere, il mondo degli insegnanti, di quelli che amano il proprio lavoro, è costellato di graduatorie, di concorsi per acquistare punti, di incarichi che danno punteggio e di attese... la chiamata viene fatta all'improvviso e con destinazione imprevedibile. Sono pochi i maestri e le maestre che possono contare sul posto fisso, sono quelle con l'anzianità di sevizio oppure quelle che hanno famiglie a carico (che aggiungono punteggio) e le ultime leve di docenti aspettano, si mettono in fila e attendono l'incarico che dia un senso alla loro professione. 
Carolina vive con i suoi genitori, ha un amore a distanza e una nonna che adora. Il lavoro di insegnante si perpetua in famiglia da generazioni, con difficoltà diverse ma sempre con lo stesso fuoco della passione che lo alimenta. Vive circondata da pochi amici e tante persone che fanno il tifo per lei ma le difficoltà che vive giorno dopo giorno la mettono alla prova costantemente. Quando arriva in una classe lei vuole conoscere i bambini per nome, li studia, cerca di insegnare cose che sicuramente attireranno la loro attenzione ma è consapevole che tutto ciò durerà poco. lei si affeziona ai suoi studenti,, anche se rimane in classe con loro per poco, si fa carico di casi anche difficili andando oltre il suo dovere di maestra. Sul suo percorso incontra un preside, antipatico e pedante, che ben presto diventerà un fidato amico. E i suoi alunni, tanti e sempre diversi che le fanno scoprire un mondo e glielo traducono nel loro linguaggio...

" Il punto è che voi adulti dovete parlare di più con noi, prepararci. Invece pensate sempre che siamo troppo piccoli per capire."

Carolina evolve, soffre e cresce nella sua veste di insegnante, studia e si butta in esperienze nuove ma che le offriranno finalmente l'opportunità di fare quello che desidera da sempre: insegnare in modo stabile. Il libro di Mariafrancesca Venturo è un concentrato di emozioni, io mi sono veramente sentita parte della storia e coprotagonista con Carolina. Leggere questo romanzo, per chi ha un'opinione dell'insegnamento piuttosto alta, prende lo stomaco e lo attorciglia assai. Lo sconforto che colpisce gli insegnanti in attesa di incarico, l'incertezza sul futuro di chi vorrebbe "fare famiglia" e non ha sicurezza di un lavoro stabile, la passione gettata in pasto a punteggi calcolati non in base al cuore ma in base ai figli o ai familiari a carico creso sia un sintomo del difficile momento che il modo della scuola attraversa in questi anni. Carolina che si prende a cuore gli alunni mi ricorda le mie maestre, quelle che da sole reggevano le sorti di una classe dalla prima all quinta e ci insegnavano tutto e diventavano delle seconde mamme per noi. Loro hanno sempre alimentato in me la convinzione che la scuola è un bel posto, dove i talenti possono esprimersi e dove tutti, anche i peggiori alunni, possono trovare il modo di tirare fuori il meglio. La storia è una serie di emozioni in fila, di rabbia e di rassegnazione ma anche di speranze perché c'è chi ama il lavoro che fa, ci sono insegnanti che mettono il bene dei ragazzi davanti a tutto e questo conforta per tutto quello che invece non funziona.

" Perché, come diceva nonna Fortunata, l'entusiasmo è un ingrediente potente che è necessario dosare ad arte: << Stai attenta all'entusiasmo. Ti spinge in alto col suo getto ma non ti dà le ali adatte per proseguire in quota. Tu vola tranquilla, piano piano. Plana: Appoggiati. fatti portare ogni tanto, da un compagno di strada, dal vento. Per costruire ci vuole pazienza, dedizione, non entusiasmo>>. Aveva ragione."

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