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sabato 2 febbraio 2019

Recensione ORFANI BIANCHI di Antonio Manzini

Buon sabato a tutti! Il tempo grigio, freddo e piovoso incentiva solo la voglia di caldo, divano e libri... io trovo tutto ciò semplicemente perfetto. Infatti riesco a scrivere la prima recensione per la challenge Dalle 3 Ciambelle, quella che vi parla del libro di Manzini  - Orfani Bianchi dopo averlo letto a tempo di record!



titolo Orfani bianchi      autore Antonio Manzini     editore  Chiarelettere
data di pubblicazione  20 ottobre 2016        pagine 256 pagine

TRAMA - Mirta è una giovane donna moldava trapiantata a Roma in cerca di lavoro. Alle spalle si è lasciata un mondo di miseria e sofferenza, e soprattutto Ilie, il suo bambino, tutto quello che ha di bello e le dà sostegno in questa vita di nuovi sacrifici e umiliazioni. Per primo Nunzio, poi la signora Mazzanti, “che si era spenta una notte di dicembre, sotto Natale, ma la famiglia non aveva rinunciato all’albero ai regali e al panettone”, poi Olivia e adesso Eleonora. Tutte persone vinte dall’esistenza e dagli anni, spesso abbandonate dai loro stessi familiari. Ad accudirle c’è lei, Mirta, che non le conosce ma le accompagna alla morte condividendo con loro un’intimità fatta di cure e piccole attenzioni quotidiane. Ecco quello che siamo, sembra dirci Manzini in questo romanzo sorprendente e rivelatore con al centro un personaggio femminile di grande forza e bellezza, in lotta contro un destino spietato, il suo, che non le dà tregua, e quello delle persone che deve accudire, sole e votate alla fine. “Nella disperazione siamo uguali” dice Eleonora, ricca e con alle spalle una vita di bellezza, a Mirta, protesa con tutte le energie di cui dispone a costruirsi un futuro di serenità per sé e per il figlio, nell'ultimo, intenso e contraddittorio rapporto fra due donne che, sole e in fondo al barile, finiscono per somigliarsi. Dagli occhi e dalle parole di Mirta il ritratto di una società che sembra non conoscere più la tenerezza. Una storia contemporanea, commovente e vera, comune a tante famiglie italiane raccontata da Manzini con sapienza narrativa non senza una vena di grottesco e di ironia, quella che già conosciamo, e che riesce a strapparci, anche questa volta, il sorriso.

RECENSIONE -  Ho terminato questo libro ieri sera, l'unico titolo di Manzini che ancora non avevo letto e sono ancora profondamente commossa. La storia che Manzini racconta non ha nulla a che vedere con il pungente sarcasmo di Rocco Schiavone - adorato vicequestore, protagonista dei libri di questo autore sorprendente - ma, pur mantenendo una profonda e vivida capacità di descrivere i personaggi oltre che descrivere il contesto in modo preciso e realistico, colpisce duro all'anima di chi legge. Mirta, la protagonista della vicenda, lavora in Italia come badante/donna delle pulizie: lei è disposta a tutto pur di offrire a suo figlio, l'unica cosa che le rimane e che ama oltre ogni cosa, un futuro dignitoso. I lavori che si trova a dover accettare sono quanto di più umiliante e inaccettabile si possa pensare; lei invece accetta tutto perché è l'unico modo che ha per raccimolare soldi. Lei non è avida, non vuole diventare ricca ma desidera soltanto poter portare in Italia anche suo figlio Ilie, la luce dei suoi occhi. Il ragazzo è rimasto in Moldavia, accudito dalla nonna prima che le cose precipitino in maniera tragica costringendo Mirta a decidere di estirpare un pezzo del suo cuore e di lasciare il figlio in un istituto moldavo, una specie di collegio visto da fuori ma un tragico incubo per Ilie.

"Che paese è quello che ti costringe a partire e andare a vivere in una famiglia straniera incapace di badare ai propri anziani costringendoti a sputare sulla tua?"

Questa è una domanda lecita che si pone Mirta, una riflessione che dovremmo fare anche noi, quelli che si avvalgono del lavoro delle badanti e delle signore delle pulizie straniere, disposte a fare tutto quello che noi non vogliamo svolgere. Abbiamo idea di quello che lasciano a casa? Riusciamo a capire lo strazio che si trascinano se hanno lasciato figli e famiglia al loro Paese? Rinunciano ai loro affetti più cari per tanti mesi e si mettono a disposizione delle nostre famiglie per alleggerirle dell'impegno verso familiari bisognosi. E poi... i destinatari delle cure di queste signore, siamo sicuri che siano felici di sottoporsi al modo spiccio e, comunque pur sempre impersonale e poco coinvolto? Perchè riusciamo ad offrire, a chi arriva  da lontano. soltanto i lavori che noi stessi non vogliamo più svolgere o non siamo in grado di svolgere? E poi... perchè, se è vero che il lavoro nobilita l'uomo, riusciamo a far sentire quasi degli schiavi coloro che abbandonano terra e cari per trovare uno stipendio?

"La fame te lo toglie l'orgoglio. E ti toglie anche l'amor proprio e la dignità. Come si fa a sopportare di essere colpevole di cose che non hai mai pensato?

Mirta mette da parte l'orgoglio, riesce a immedesimarsi,  a leggere nei pensieri dell'anziana signora a cui bada e a scalfirne la corazza di odio, di disprezzo. Compie tutto questo per un unico, grande desiderio: portare con sé Ilie, offrirgli di realizzare nuovi sogni e non cede a nessun compromesso, a nessuna scorciatoia. Grande, grandissimo Manzini... nonostante Rocco non ci sia, il libro è così coinvolgente e potente. Non sono riuscita a leggerlo con distacco: ci sono pagine che suscitano emozioni e che commuovono profondamente. Antonio Manzini ha una grande dote, secondo me, lui scrive i suoi libri usando la penna e il cuore; narra la storia e dà vita ai suoi protagonisti in un modo che rende quasi impossibile non sentirsi coinvolti in quello che racconta. L'unica cosa che un po' mi ha perplessa è il finale: una botta secca, veloce, con poche spiegazioni Nient'altro. Pensandoci poi ho dedotto che così deve essere... lasciare che il pugno allo stomaco faccia male per far pensare, per fa ragionare il lettore su quanto raccontato nelle pagine appena terminate e lasciare che il messaggio arrivi dritto in fondo all'animo di chi legge Orfani bianchi. Come sempre, a parer mio,  un ottimo lavoro caro Manzini.

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